La fibrillazione atriale: non solo una banale aritmia

La fibrillazione atriale: non solo una banale aritmia

Che cos'è la fibrillazione atriale?

La fibrillazione atriale è una aritmia che avviene a livello degli atri, in particolare l’atrio sinistro, ovvero la camera cardiaca a monte della nostra pompa, il ventricolo sinistro. La fibrillazione atriale è dovuta ad una attività elettrica di un gruppo di cellule situate generalmente allo sbocco delle vene polmonari in atrio sinistro e si traduce in una contrazione caotica e disordinata dell’atrio. Se è pur vero che la forza di contrazione dell’atrio è ben poca cosa rispetto all’onda propulsiva generata dal ventricolo sinistro, la presenza della fibrillazione atriale, anziché il regolare ritmo indotto dal nodo del seno (conosciuto come ritmo sinusale), è sicuramente un problema: è come se noi mettessimo il “freno a mano” al motore del nostro cuore. Immaginiamo che il nostro atrio sinistro sia raffigurato da un sacchetto di plastica, di quelli che si usano comunemente per la spesa alimentare; a questo punto mettiamo al suo interno dell’acqua, molta, ma non tale da saturare l’intero volume del sacchetto: quello che percepiremo tenendo il sacchetto per i manici è un movimento disordinato, caotico, imprevedibile del sacchetto e del suo contenuto, con la percezione, pur nel tentativo di placare questo “moto ondoso”, di zone in cui l’acqua corre veloce ed altre in cui invece è ferma e “stagna”! Ecco, anche nella fibrillazione atriale, il moto del torrente ematico non è regolare e coordinato con la conseguenza che la propulsione in avanti del sangue verso il ventricolo sinistro è meno vigorosa, con perdita del cosiddetto “calcio atriale” e con la contemporanea possibilità che zone dell’atrio non contraendosi bene (ad esempio l’appendice identificata dall’auricola sinistra) creino il presupposto per la formazione di coaguli che andando in circolo possono ostruire arterie di piccolo calibro come le coronarie o le arterie cerebrali determinando, rispettivamente, infarti o ictus. A seconda della frequenza di insorgenza della fibrillazione atriale, essa viene classificata come “di nuovo riscontro”, ovvero la prima volta che la si dimostra all’elettrocardiogramma (ECG); forma “parossistica” ovvero intermittente che può risolversi in poco tempo, alcuni giorni, anche una settimana; forma “persistente” ovvero ormai cronicizzata senza più ritorno spontaneo al fisiologico ritmo sinusale.

Un nuovo approccio alla fibrillazione atriale: lo specchio dei nostri fattori di rischio cardiovascolare

Recentemente nell’ambito del Congresso Europeo della Società Europea di Cardiologia (ESC, European Society of Cardiology) tenutosi a Londra, sono state presentate le linee guida sulla gestione della fibrillazione atriale, ovvero un documento di indirizzo per il trattamento, prevenzione e gestione della malattia fibrillazione atriale che uniformi per tutti i Paesi le cure in modo tale da avere dei protocolli standardizzati che assicurino il miglior trattamento a tutti i cittadini sulla base delle più recenti osservazioni scientifiche. Il grande cambiamento di prospettiva proposto è sostanzialmente legato al fatto che la fibrillazione atriale non è da considerarsi come una aritmia a se’, avulsa dal resto del paziente, delle sue malattie o caratteristiche di vita, ma a tutti gli effetti una malattia espressione di tutti i nostri fattori di rischio cardiovascolare, con l’immediata conseguenza che la mera rincorsa alla lotta alla fibrillazione atriale con il ripristino del ritmo sinusale sia una vana chimera se non si entra nell’ottica di curare prima tutti gli altri fattori di rischio cardiovascolare.
L'identificazione e il trattamento delle comorbidità (ovvero le altre malattie di cui possiamo soffrire come il diabete, l’intolleranza glucidica, l’insuff.renale, ecc) e dei fattori di rischio (es fumo, ipertensione arteriosa) sono le componenti iniziali e centrali della gestione del paziente e sono fondamentali per tutti gli altri aspetti della cura dei pazienti con fibrillazione. Le comorbilità sono alla base dell'insorgenza e della recidiva della fibrillazione atriale e un approccio dinamico alle comorbilità è fondamentale per il successo della gestione di questa aritmia.
In effetti, sulla base di prove schiaccianti, è stata emessa una raccomandazione inequivocabile per un gran numero di obiettivi nella fase di gestione delle comorbidità e dei fattori di rischio della fibrillazione atriale, tra cui quelli per l'ipertensione, le componenti dello scompenso cardiaco, l'obesità, il diabete, il consumo di alcol e l'esercizio fisico.
I pazienti che non vengono gestiti in modo aggressivo per le comorbilità elencate vanno incontro inesorabilmente a fallimento del trattamento. Anche il controllo dell'apnea del sonno (ricordiamocene quando dormiamo con qualcuno che russa per la maggior parte delle ore di sonno!).

E se ne fossi affetto, come me ne accorgo? Cosa faccio?

La fibrillazione atriale può esordire improvvisamente con la sensazione di un battito veloce ed irregolare che permane per ore o anche meno, può sparire da sola lasciando una importante stanchezza e di solito con una diuresi più marcata dopo il ritorno al ritmo sinusale se l’aritmia persiste per qualche ora. In generale di fronte ad un sintomo di cardiopalmo prolungato oltre i 15-20 minuti, soprattutto se è la prima volta che capita, è opportuno eseguire un ECG in urgenza e quindi rivolgersi al pronto soccorso per documentare l’aritmia e provvedere ad una sua risoluzione con la cosiddetta cardioversione. In altri casi, potremmo non avvertire l’insorgenza improvvisa dell’aritmia, poiché magari la frequenza cardiaca media della fibrillazione atriale è vicina alla nostra normale frequenza, tuttavia la sua persistenza ci debilità un po’ proprio per la mancanza della spinta atriale ad ogni contrazione cardiaca e ci sentiamo quindi più spossati soprattutto nelle attività sportive o nei momenti di maggior frenesia della nostra giornata. La prima cosa quindi è documentarla! Facciamo un elettrocardiogramma a 12-derivazioni o se i sintomi sono sporadici ed improvvisi di breve durata facciamo un ECG-Holter delle 12-ore o settimanali. Una volta documentata, sarà il nostro Cardiologo ad indicarci quale terapia adottare, se cercare di ritornare al ritmo di prima con i farmaci o con l’ablazione (procedura indicata nella maggior parte dei casi di fibrillazione atriale parossistica) ed in ogni caso valutando la necessità per noi di assumere farmaci anticoalgulanti orali per evitare che quei coaguli che si formano nell’atrio sinistro e di cui abbiamo scritto sopra, possano creare delle condizioni gravi ed invalidanti come un ictus.
L’importante come sempre è quindi fare degli esami mirati sotto guida del nostro medico, facendo della prevenzione (facciamo un ECG!!!) la miglior cura per noi stessi!

Prof.ssa Martina Perazzolo Marra,
Dipartimento di Scienze Cardio-Toraco-Vascolari e Sanità Pubblica
Università degli Studi di Padova

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